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Allontanamento da casa e divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa

La legge 4 aprile 2001, n. 154 ha introdotto nell’impianto processuale penale la predisposizione di “misure contro la violenza nelle relazioni familiari”, inserendo nel libro I del codice civile, il Titolo IX bis che disciplina gli “ordini di protezione contro gli abusi familiari”. Significativo è l’art. 5, primo periodo, il quale stabilisce che le norme della legge si applicano, in quanto compatibili, anche nel caso in cui la condotta pregiudizievole sia stata tenuta da altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente ovvero nei confronti di altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente.

Con la legge è stato introdotto l’ordine di allontanamento dalla “casa familiare(art. 282 bis cp), a tenore del quale: “Con il provvedimento che dispone l’allontanamento il giudice prescrive all’imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede. L’eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita”.

La misura de qua inoltre può contemplare anche ulteriori prescrizioni che vengono rimesse alla discrezionalità del giudice vincolata a specifici parametri di cui al comma 2: “Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell’incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni”.

Inoltre, l’art. 282-ter c.p.p. contempla una ulteriore misura, con cui il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa (comma 1) mentre prescrizioni facoltative concernono l’estensione di divieti e obblighi anche nei confronti dei prossimi congiunti della persona offesa (comma 2) e il divieto di comunicazione (comma 3).

Le misure possono essere applicate anche congiuntamente, come ha previsto successivamente la L. n. 47 del 2015, difatti il novellato art. 275 c.p.p., comma 3, prevede che la misura inframuraria “può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate” e, dunque, questa novella ha reso possibile l’applicazione congiunta di misure cautelari personali non più solo nelle ipotesi per così dire “patologiche” quali quella della trasgressione alle prescrizioni relativa a misure in corso (art. 276, comma 1) o della scarcerazione per decorrenza termini dell’imputato o indagato per reati di particolare allarme (art. 307, comma 1-bis) ma anche nel momento iniziale – e del tutto “fisiologico” – in cui il giudice (e il pubblico ministero) è chiamato a verificare la praticabilità di “risposte” cautelari gradate.

Fino all’entrata in vigore della legge 69/2019 non erano previste << sanzioni>> penali ad hoc per la violazione di siffatte MISURE.

L’art. 4 della legge n. 69 del 2019 ha così introdotto nel capo II del titolo III del codice penale, l'art. 387 bis, intitolato “Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”, secondo cui “chiunque, essendovi legalmente sottoposto, violi gli obblighi o i divieti derivanti dal provvedimento che applica le misure cautelari di cui agli articoli 282-bis e 282-ter del codice di procedura penale o dall'ordine di cui all'articolo 384-bis del medesimo codice è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.

Questa fattispecie disposizione colma una lacuna nel panorama sanzionatorio a tutela della incolumità individuale della vittima, posto che, fino alla introduzione della nuova norma, colui che avesse violato i provvedimenti cautelari di cui agli artt. 282-bis e 282- ter cod. proc. pen. sarebbe stato sottoposto solo ad una più severa misura cautelare, mentre non avrebbe subito alcuna conseguenza da una eventuale violazione dell’ordine di cui all’art. 384-bis cod. proc. pen.

Va precisato che per il principio di tassatività dell’azione penale, risultano esclusi dall’ambito operativo della norma la violazione degli ordini di protezione di cui agli art. 342 bis e 342 ter cod. civ., funzionali a consentire al giudice civile, su istanza di parte, di disporre, unitamente ad altre misure di protezione, anche di natura economica, l’allontanamento dalla casa familiare, del coniuge o del convivente la cui condotta sia causa di grave pregiudizio alla libertà fisica o morale dell’altro coniuge o del convivente.

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