Il primo atto normativo europeo in materia di reati informatici risale alla Raccomandazione del 9 settembre 1989, sulla criminalità informatica (adottata dal Committee of Ministers il 18 Gennaio 1989), in cui viene definito con duplice lista il crimine elettronico.
La disciplina organica comunitaria in materia di reati compiuti nel cyberspazio risale invece al 2001, con la Convenzione di Budapest : “Gli Stati firmatari […] convinti della necessità di perseguire, come questione prioritaria, una politica comune in campo penale finalizzata alla protezione della società contro la criminalità informatica, adottando una legislazione appropriata e sviluppando la cooperazione internazionale; consci dei profondi cambiamenti dipendenti dall’introduzione della tecnologia digitale, dalla convergenza e costante globalizzazione delle reti informatiche; preoccupati dei rischi che le reti informatiche e le informazioni in formato elettronico possano anche essere utilizzate per commettere reati e che le prove connesse a tali reati possano essere conservate e trasferite tramite queste reti”.
Con riguardo allo specifico settore della tutela del minore, la novità più importante introdotta dalla Convezione riguarda la parificazione tra le rappresentazioni pornografiche “reali” e le immagini pedopornografiche “realistiche”, ossia quelle che rappresentano soggetti virtuali, ma assimilabili fisiognomicamente a minori in carne ed ossa.
La Convenzione prevede altresì una norma relativa alla responsabilità in materia di cybercrimes delle persone giuridiche (art. 12)
Essa è stata ratificata dall’Italia con la legge n. 48/2008, la quale ha riscritto il complesso dei reati cibernetici secondo un modello internazionale di riferimento; prima di essa il Legislatore italiano aveva affrontato il tema in modo riduttivo con la legge n. 547/1993, mediante la quale furono introdotti i primi reati informatici, allora intesi come atti commessi “contro” il bene giuridico cibernetico.
L’innovazione della Convenzione di Budapest è invece quella di aver inteso il Cyberspazio come “strumento” di commissione di altri reato.
Per quanto attiene ai reati cibernetici in danno dei minori, invero, la normativa di riferimento è episodica e settoriale.
Un importante punto di riferimento è rappresentato dalla Raccomandazione n. 91/11 del Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa in cui si affronta il tema delle figure come la pornografia infantile, la prostituzione e il traffico di minori e adulti; in seguito è stata avviata un’organica riforma legislativa in materia di pornografia infantile nei diversi Stati membri con la Risoluzione 1099 del 1996.
Una norma fondamentale costituita dall’art. 12, in cui tra l’altro si propone di punire il possesso del materiale pornografico, la sua produzione, trasporto e distribuzione, ovvero anche la diffusione di immagini pornografiche di minori, nonché di cercare di armonizzare nel più breve tempo possibile nell’ambito dello spazio giudiziario europeo il trattamento anche penale dei delinquenti sessuali.
Con l’Azione Comune del 29 novembre del 1996, adottata dal Consiglio d’Europa sulla base dell’art. K.3 del Trattato sull’Unione Europea si stabilisce che durante il periodo 1996 – 2000 si inizia un programma di coordinamento volto alla lotta contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei minori, la scomparsa dei minori e la utilizzazione di mezzi di telecomunicazione per la tratta di esseri umani.
Nella successiva Risoluzione del Parlamento Europeo del 12 dicembre del 1996 sui mezzi di protezione dei minori nell’Unione europea, si sollecita il Consiglio all’adozione di proposte finalizzate a prevenire la diffusione di messaggi di carattere pedofilo tramite internet, esigenza ribadita anche dal Consiglio nella successiva Risoluzione del 17 febbraio 1997 sugli illeciti compiuti mediante la rete.
La Risoluzione del Parlamento Europeo del 6 novembre 1997 disciplina la Comunicazione della Commissione sulla lotta contro il turismo sessuale riguardanti i minori e il Memorandum relativo al contributo dell’Unione Europea all’intensificazione della lotta contro gli abusi e lo sfruttamento sessuale di vittime fanciulli, al fine di attuare le direttive già esposte dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio di Europa, nella Risoluzione 1099 del 1996.
Nella disciplina comunitaria la pornografia infantile viene considerata unanimemente come una delle più gravi forme di sfruttamento minorile, sebbene sempre più diffuso, e si avvia un processo teso ad introdurre nei rispettivi codici penali nazionali fattispecie che contemplino atti di pederastia, il turismo sessuale che coinvolga i minori, la pornografia infantile ovvero la mancata comunicazione alla giustizia degli atti o indizi gravi di pederastia o maltrattamento di minori.
La Decisione successiva n. 276 del 1999 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 gennaio del 1999 approvava un piano pluriennale di azione comunitaria per propiziare maggiore sicurezza nell’utilizzazione di internet.
Da ultimo, il Consiglio d’Europa ha pubblicato, nel mese di luglio 2020, un nuovo report del Cybercrime Convention Committee (T-CY) che illustra i benefici e l’impatto della Convenzione di Budapest, che ha fornito appunto la base legale per attivare procedure di cooperazione internazionale in materia di cybercrime e prova elettronica.
La Comunicazione della Commissione Europea del luglio 2020 dedica particolare attenzione, nel quadro di una strategia europea per la lotta agli abusi sessuali sui minori, al tema degli abusi perpetrati online.
Nel documento la Commissione anticipa, poi, la propria intenzione di preparare alcuni strumenti legislativi ad hoc aventi l’obiettivo di rendere obbligatoria (in capo anche agli operatori del settore privato) l’attività di monitoraggio e denuncia delle molestie perpetrate online ai danni di minori. La Comunicazione affronta, altresì, il tema delle operazioni sotto copertura online e dell’istituendo Innovation Hub and Lab di Europol, per facilitare l’accesso dei Paesi membri a strumenti tecnici sviluppati in ambito europeo.
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