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Il sexting: revenge porn e sextortion

Nell’ambito dei reati cibernetici con l’espressione sexting si allude allo scambio di immagini e video sessualmente espliciti tra minorenni e che può portare all’integrazione dei reati di pornografia minorile ex art.600 ter c.p. e di detenzione di materiale pornografico ex art. 600 quater c.p.

In tale contesto si distinguono due derive che sono rappresentate dal revenge porn (porno vendetta) e dalla sextortion (estorsione sessuale), che sono accomunati dall’essere entrambi espressione del più ampio fenomeno della pornografia non consensuale

La legge n. 69/2019 rubricata «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere» (c.d. Codice Rosso), entrata in vigore il 9/8/2019, ha introdotto una nuova fattispecie di reato nel nostro codice penale all’art. 612 ter c.p.: «Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti» ( cd. revenge porn). Tale articolo sanziona, con la reclusione da uno a sei anni e la multa da euro 5.000 a euro 15.000, “chiunque dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate. La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento. La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”.

La sextortion invece consiste in una estorsione a sfondo sessuale costituita dalla minaccia di condividere con terzi immagini sessualmente esplicite della vittima, senza che quest’ultima acconsenta. Per evitare la condivisione o la diffusione di tale materiale, alla vittima vengono chiesti benefici economici ovvero la corresponsione di una somma di denaro o favori sessuali o, ancora, la produzione di ulteriori contenuti sessualmente espliciti. La particolarità della sextortion risiede nel fatto che la pubblicazione dei contenuti sessuali e pornografici non è unicamente diretta ad umiliare ed offendere la vittima, ma strettamente collegata alla coartazione della volontà di quest’ultima, al fine di estorcerle, nella maggior parte dei casi, denaro o ulteriore materiale pornografico autoprodotto.

Sebbene siano tutte accomunate dall’utilizzo di strumenti digitali, diverse sono le modalità impiegate per ottenere il materiale con cui ricattare la vittima, facendo leva sulla paura e sulle sue vulnerabilità. In primo luogo, vi sono le immagini inviate consensualmente dal soggetto prescelto, il quale viene adescato sui social network, sulle chat online, ovvero ancora, sui siti di incontri. Definito come “catfishing”, tale schema si sostanzia nella creazione di un profilo falso al fine, non solo di garantirsi l’impunità, ma anche di simulare un’identità che faciliti l’affidamento della vittima, sicché quest’ultima sia indotta all’invio delle immagini che saranno poi oggetto del ricatto.

Sempre di invio consensuale si tratta nel caso di utilizzo di immagini e video ottenuti nel corso di una relazione sentimentale, affettiva o di qualunque genere. Tale modalità si differenzia dalla precedente in ragion del fatto che l’estorsore sfrutta il preesistente rapporto con la vittima, dando così maggior concretezza alla minaccia. Per ciò che riguarda il profilo strettamente giuridico, nel nostro ordinamento non esiste un vero e proprio reato di estorsione sessuale e la normativa potenzialmente applicabile non risulta adeguata a fronteggiare il fenomeno. Non è previsto, infatti, l’elemento della coartazione della volontà della vittima, tipico dell’estorsione. Tuttavia, neanche la fattispecie di estorsione di cui all’art. 629 c.p. risulta formulata in modo tale da ricomprendere tutte le condotte annoverabili nel fenomeno della sextortion.

In talune ipotesi, invece, è stato ritenuto applicabile il delitto di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis c.p. in quanto, pur in mancanza di contatto fisico tra autore e vittima, la condotta tenuta denota l’intenzione di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali e l’idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale.( Cass. Pen., Sez III 12/10/2006, n. 34128).

Un quadro analogo si rileva anche in riferimento al sistema giuridico degli Stati Uniti. Volgendo lo sguardo ad occidente, infatti, si nota come, nonostante quasi tutti gli Stati abbiano introdotto leggi volte a punire la diffusione non consensuale di immagini intime, molti di essi continuano a perseguire la sextortion facendo ricorso a reati non specifici, quali l’estorsione, le molestie, la corruzione e la pornografia infantile.

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